1.1 Definizioni e concetti di base

Da AlmaIL.
Jump to navigation Jump to search

Dall'alfabetismo informativo all'educazione a documentarsi.

Nel succedersi nel tempo delle diverse definizioni d'information literacy si riflettono i cambiamenti di visione tra l'approccio comportamentista (che mette l'accento sull'insieme delle competenze attraverso le quali si realizza l'alfabetismo informativo) e quello costruttivista (che si focalizza sul concetto "relazionale" dell'informazione, ossia sull'interazione tra fruitore e documento).

Nell'approccio costruttivista lo scopo dell'information literacy è far acquisire delle abilità, mentre in quello comportamentista si punta ad una trasformazione di tipo qualitativo nel modo di "vedere, fare esperienza, capire e concettualizzare l'informazione."

Per un approfondimento su queste tematiche rimandiamo alla lettura del primo capitolo del libro di Laura Ballestra "Information literacy in biblioteca" (2011), che le illustra in modo ampio ed esaustivo. Concordiamo con l'autrice infatti quando dice che "non può esistere un'unica definizione perchè le varie comunità hanno, nei vari contesti e nel tempo, elaborato visioni differenti".

La sua proposta conclusiva che ci vede concordi è di utilizzare un'espressione più specifica di alfabetismo informativo, e precisamente "educazione a documentarsi" che "consiste nell'inserimento nei discenti in reali processi d'indagine documentale strutturati secondo una precisa metodologia e guidati da un docente che svolge funzioni di coach, facilitatore e consulente con il fine di modificare la concezione di come ciascuno individua, valuta e utilizza i documenti utili a capire, conoscere e decidere"

Di seguito riportiamo alcuni brani tratti dalla Presentazione dell'Indagine sulle attività delle biblioteche universitarie italiane per gli studenti a cura del Gruppo di lavoro biblioteche e didattica della Commissione Biblioteche della Crui, dove ci si sofferma sul ruolo delle biblioteche accademiche nell'educazione al documentarsi.

"Le biblioteche accademiche sostenute nell’ultimo decennio dalle tecnologie digitali e dal consolidarsi del modello formativo ‘user centered’, sono divenute ambienti attivi di apprendimento, assumendo funzioni complesse a sostegno e integrazione della formazione superiore e della ricerca. In linea con le politiche della UE nell’ambito dello Spazio Europeo per l’Istruzione Superiore (SEIS), la cui ossatura è costituita dal sistema delle competenze e dagli obiettivi di apprendimento, le biblioteche possono essere utilmente coinvolte nella filiera dell’organizzazione didattica, partecipando attivamente ai processi informativi,con servizi, corsi e iniziative volte a sviluppare l’information literacy degli studenti, per l’acquisizione di competenze generaliste (generic skills), trasversali alle aree disciplinari, utili per tutta la vita (lifelong learning).

L’attuale sistema di valutazione e assicurazione della qualità degli atenei(AVADL19/2012) in atto presso le università italiane, introdotto dalla legge di riforma Gelmini(L.240/2010) e affidato all’ANVUR, sembra finalmente recepire l’orientamento europeo, in quanto:

(i) riconosce il valore di una didattica inclusiva volta alla costruzione sociale di competenze per la vita, anche mediante la realizzazione di un ecosistema digitale per l’apprendimento che integrile risorse informative offerte dalle biblioteche con le piattaforme elearning e gli altri sottoinsiemi informativi di ateneo (job placement, orientamento, segreterie studenti, ecc..).

(ii) avvia (in forma sperimentale) il progetto TECO (TEst sulle COmpetenze) per la valutazione in uscita delle competenze di carattere generale degli studenti, al fine di verificare l’efficacia ‘esterna’ del processo formativo ad almeno un anno dalla laurea. E’ la prima volta nel nostro paese che il sistema di valutazione universitario misura l’output e l’outcome (seppure attraverso il criteri di crossaction),oltre che le procedure e gli input.

Va ricordato infatti che il susseguirsi di riforme che ha investito l’università italiana negli ultimi dieci anni non aveva apportato mutamenti sostanziali agli ordinamenti didattici e all’approccio formativo. La definizione degli obiettivi formativi espressi nei termini dei ‘Decrittori di Dublino’ era presente nei corsi di studio per effetto della normativa di riferimento (DM270/2004; DM 16 /03/2007), ma di fatto rimaneva estranea all’organizzazione dei curricula. L’impianto didattico restava interamente ancorato all’approccio disciplinare e al modello tradizionale di trasferimento di informazioni dal docente allo studente. Il punto è di particolare interesse poiché una serie di studi e ricerche ha messo in evidenza che le principali problematiche inerenti l’occupazione dei laureati italiani, siano essi triennali o magistrali, non sono legate alle conoscenze disciplinari, spesso più che adeguate,bensì alla carenza di competenze di carattere generale (team working, problem solving, learning to learn, ecc.), indispensabili per inserirsi nel sistema delle aziende, della produzione o dei servizi. Una delle sfide principali da affrontare anche se non la sola è dunque quella dell’employability."